Roma approfondimenti

Roma approfondimenti

Roma – Approfondimenti

pallanteo

Secondo la tradizione il greco Evandro, mitico re degli Arcadi, figlio del dio Mercurio e della ninfa Carmenta, lasciò la Grecia e si stabilì nel Lazio, dove fondò il villaggio di Pallanteo (nome che ricordava la sua città di origine Pallantio) sul colle romano al quale derivò il nome di Palatino. In virtù della antica conoscenza tra Evandro e Anchise, il padre di Enea, il re concesse ai Troiani la sua alleanza nella guerra contro i Rutuli e mandò in aiuto suo figlio Pallante, che morì in combattimento, estinguendo la dinastia arcade senza residui, tranne il nome lasciato al colle. Il ricordo di Evandro nella tradizione romana fu talmente radicato da aver determinato, secondo Dionigi di Alicarnasso, l’edificazione di un’ara in suo onore sotto il colle Aventino. Nell’Eneide, infine, si afferma che la grotta in cui i gemelli Romolo e Remo furono successivamente allattati dalla lupa – il Lupercale – fosse originariamente un luogo di culto dedicato al dio Pan “Liceo”, una divinità proveniente proprio dall’Arcadia, assimilata al dio italico Fauno Luperco.
Eliodoro di Rodi, gruppo scultoreo raffigurante Pan (a sinistra) e Dafni
(Copia romana di un originale di età ellenistica, Roma, Palazzo Altemps).

scalae caci

Le cosiddette “Scalae Caci” – ovvero le “Scale di Caco” – erano un passaggio sul fianco sud-occidentale del Palatino che Virgilio racconta essere stato percorso da Enea insieme al re Evandro. Sebbene i resti archeologici conservati siano riferibili all’età repubblicana, si ritiene che questa gradinata abbia origini antichissime, considerando sia la sua vicinanza al villaggio di capanne dell’VIII secolo a.C. sia il fatto che venga ricordata da Plutarco quando descrive la localizzazione della capanna di Romolo (Vite Parallele, Romolo, 20).

caco

Caco era un mostruoso gigante che abitava in una grotta sul colle Aventino. Egli sarebbe entrato in contatto con Ercole durante la sua decima fatica, che prevedeva il furto dei buoi del gigante Gerione ed il loro trasporto ad Argo. Durante una sosta dell’eroe nei pressi dell’Aventino, Caco avrebbe a sua volta rubato parte del bestiame trascinando gli animali per la coda, in modo che non fosse possibile seguire le impronte fino alla grotta, essendo orientate in senso contrario.
Affresco rappresentante Caco che trascina i buoi nella sua grotta
(Seconda metà del 1500, Roma, Casina Farnese).
Ercole, però, sentendo il muggito di uno degli animali, individuò il nascondiglio e strangolò il mostro.

Ara Massima di Ercole

L’Ara Massima di Ercole è il più antico luogo di culto di Roma dedicato ad Ercole. Secondo il mito, questo altare sarebbe stato eretto da Evandro nel luogo in cui Ercole avrebbe strangolato il mostruoso Caco. Resti di questa struttura sono stati riconosciuti nella zona nota con il nome di Foro Boario, perché destinata al mercato del bestiame. Sebbene si ipotizzi un’esistenza dell’altare già nell’età arcaica, le prime testimonianze della sua edificazione risalgono al 495 a.C. Del monumento di conservano alcune parti del podio in blocchi di tufo all’interno della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, costruita a partire dal VI secolo d.C.

Tempio della Magna Mater

Il Tempio della Magna Mater (cioè della “Grande Madre”, come i Romani chiamavano la dea Cibele), è situato sul colle Palatino. Cibele era una divinità venerata in Asia Minore, ma il suo culto venne introdotto a Roma nel 204 a.C., durante la Seconda Guerra Punica. In un momento di difficoltà, i Romani portarono in città il suo simbolo, proveniente da Pessinunte: una pietra nera di forma conica, probabilmente un meteorite.
La Magna Mater Idaea era la dea dell’Ida, il monte di Troia, là dove Venere si era congiunta con Anchise ed era nato Enea. Per questo non fu mai considerata una divinità straniera, ma al contrario una dea ancestrale e salvifica, fin dall’inizio insediata proprio là dove si mostrava la capanna di Romolo ed era stata fondata la città
Il tempio venne dedicato nell’aprile del 191 a.C. L’edificio subì un primo rifacimento nel 111 a.C. ed un secondo durante l’impero di Augusto, ma attualmente se ne conserva solo il basamento. Tra i reperti pertinenti si ricordano la statua della dea e l’iscrizione dedicatoria del tempio.

Statua della Magna Mater in trono
(II secolo d.C., Roma, Museo Palatino).

Tempio di vesta

Il Tempio di Vesta, secondo la tradizione, fu voluto da Numa Pompilio, il secondo re di Roma.
Il Tempio di Vesta
(Roma, Foro Romano).
Statua di Vestale
(Roma, Museo del Palatino).

Elemento fondamentale del culto era il fuoco sacro di Vesta, dea protettrice dei focolari domestici, posizionato al centro dell’edificio e tenuto perennemente acceso da un apposito ordine di sacerdotesse: le Vestali.

Il fuoco di Vesta doveva rappresentare, in origine, il focolare della dimora del re, ma nel corso dei secoli divenne il cuore pulsante di tutta Roma. Sembra che durante la ricostruzione successiva all’incendio del 210 a.C. il podio dell’edificio venne dotato di una cavità – il Penus Vestae, accessibile solo alle sacerdotesse – un’area di raccolta di tutti gli oggetti sacri connessi alla storia di Roma, tra cui anche la statua di Atena che Enea avrebbe portato con sé da Troia: il “Palladio”.
Testa di Atena, nota con il nome di “Palladio”
(480-450 a.C., Roma, Museo Palatino).
Il Penus, inoltre, era il luogo dedicato alle divinità tutelari dello Stato – i Penati pubblici – qui celebrati come simbolo profondo ed intimo di Roma.

nave

Procopio di Cesarea, uno storico vissuto nel VI secolo d.C., nella sua opera dedicata alla Guerra Gotica, racconta di aver visto, custodita all’interno di un edificio posto al centro della città, vicino alle sponde del Tevere, una nave, ritenuta l’imbarcazione con cui Enea giunse sulle coste del Lazio.
Pietro da Cortona, Lo sbarco di Enea alle foci del Tevere
(1651-1654, Roma, Palazzo Pamphili)
Sebbene la struttura non sia nota archeologicamente, una sua riproduzione potrebbe trovarsi in due piante di Roma, databili all’età augustea e all’età severiana, in cui è rappresentata parte di un edificio colonnato di forma allungata. Poiché l’edificio compare nella pianta di età augustea, è possibile che la nave venne monumentalizzata proprio durante il principato di Augusto.

foro di cesare

Il Foro di Cesare è il più antico dei Fori Imperiali, cinque aree pubbliche edificate principalmente durante l’Impero. Il complesso si presenta come una piazza rettangolare, circondata da portici su tre lati e chiusa, a Nord-Est, dal Tempio di Venere “Genitrice”
Il Foro di Cesare. Sul fondo le colonne del Tempio di Venere “Genitrice”.
Le altre strutture presenti all’interno della piazza consistono in botteghe (tabernae), un bagno pubblico (latrina) e la Curia Iulia: il luogo di riunione del Senato, realizzato da Cesare per sostituire la precedente, distrutta da un incendio nel 52 a.C.
Ricostruzione del Foro di Cesare.
L’edificazione del Foro di Cesare iniziò intorno al 51 a.C. ma, nonostante la sua inaugurazione nel 46 a.C., i lavori furono completati durante il principato di Augusto. Un importante intervento edilizio si data, inoltre, all’epoca di Traiano, che ricostruì il tempio e realizzò una nuova struttura: la Basilica Argentaria, probabilmente un luogo che ospitava i cambiavalute (gli argentarii). La presenza nell’edificio di graffiti che riportano versi dell’Eneide ha fatto supporre anche un suo utilizzo come scuola dove già si studiava il poema.

foro

Il Foro di Augusto è un’area pubblica realizzata dal primo imperatore per celebrare la sua appartenenza alla Gens Iulia ed il raggiungimento del potere.
Pianta ricostruttiva del Foro di Augusto.
(da Carandini, Cappelli 2000)

Il complesso si compone di una piazza rettangolare delimitata, sui lati lunghi, da due portici colonnati terminanti con due esedre semicircolari. Il lato corto orientale, invece, è occupato dal Tempio di Marte “Ultore” (cioè “Vendicatore”), che rievoca la vittoria di Filippi del 42 a.C.: con  cui Augusto riuscì a vendicare l’assassinio di Giulio Cesare, suo padre adottivo. La dedica a Marte, dio della guerra, richiamava non solo lo scontro, ma anche la paternità del dio di Romolo e Remo, da cui Cesare ed Augusto discendevano.

Il Tempio di Marte “Ultore” nel Foro di Augusto.

L’esedra del portico Nord ospitava una statua di Enea in fuga da Troia, con il padre Anchise ed il figlio Ascanio. Attorno ad essa erano raffigurati i re di Alba Longa e i più importanti membri della Gens Iulia.

Nell’esedra del portico Sud era posta, invece, una statua di Romolo, fondatore di Roma e successore della stirpe troiana, circondata dalle statue dei grandi uomini (i summi viri) che avevano reso gloriosa la città nei secoli. Il Foro venne completato nel 2 a.C. e restò in uso almeno fino al VI secolo d.C.

Ara Pacis Augustae

L’Ara Pacis Augustae è un altare dedicato alla personificazione divina della Pace. La struttura fu commissionata dal Senato nel 13 a.C. per celebrare le spedizioni dell’imperatore Augusto in Spagna e in Gallia, e fu completata nel 9 a.C.
Il complesso è formato da un recinto di forma quasi quadrata, dotato di due accessi, che ospita al centro l’altare vero e proprio. La struttura presenta un ricchissimo apparato scultoreo decorativo, volto ad acclamare Augusto per aver condotto Roma ad un periodo di prosperità e di pace dopo una sanguinosa guerra civile.
La dinastia di Augusto è rappresentata sui due lati lunghi dell’ara, in occasione di una processione sacrificale.

Lato Sud dell’Ara Pacis Augustae. Dettaglio di Augusto, coronato di alloro, con altri membri della sua famiglia.
Sui lati corti, invece, sono rievocate alcune scene legate a Roma e ai suoi miti. Ad Ovest, ai due lati dell’ingresso, è rappresentato da una parte Enea che sacrifica la scrofa di Lavinium in onore dei Penati; mentre dall’altra sono raffigurati Romolo e Remo allattati dalla lupa in presenza del pastore Faustolo e del dio Marte.
Lato Ovest dell’Ara Pacis Augustae. A sinistra, in alto, Romolo e Remo allattati dalla lupa; destra, in alto, Enea che sacrifica ai Penati.
Sui lati corti, invece, sono rievocate alcune scene legate a Roma e ai suoi miti. Ad Ovest, ai due lati dell’ingresso, è rappresentato da una parte Enea che sacrifica la scrofa di Lavinium in onore dei Penati; mentre dall’altra sono raffigurati Romolo e Remo allattati dalla lupa in presenza del pastore Faustolo e del dio Marte.
Lato Est dell’Ara Pacis Augustae. A sinistra, in alto, Venere “Genitrice” o la personificazione della Pace; a destra, in alto, la personificazione di Roma seduta su una catasta di armi.

Sul lato Est, invece, ai lati dell’entrata secondaria, è rappresentata da un lato la personificazione di Roma, seduta su una catasta di armi; dall’altro è presente una figura femminile, interpretata come Venere “Genitrice” o come la personificazione della dea Tellus.

tempio di venere e roma

Il Tempio di Venere e Roma è dedicato a “Venere Propizia” e alla personificazione divina di Roma, celebrata come “Eterna”. L’associazione di queste due figure è dovuta al fatto che proprio Venere, madre di Enea ed ispiratrice del suo viaggio verso il Lazio, avrebbe promosso la fondazione della città.
Il Tempio di Venere e Roma
(Roma, Foro Romano).
Il tempio è situato sulla Velia, al limite del Foro Romano e fu realizzato dall’imperatore Adriano tra il 121 d.C. ed il 135 d.C. I lavori vennero ultimati sotto l’imperatore Antonino Pio nel 141 d.C. Si tratta del tempio più grande mai costruito a Roma, dotato di due celle adiacenti destinate ad accogliere le statue di culto: la cella orientale ospitava la statua di Venere, mentre quella occidentale ospitava la statua di Roma. La struttura fu parzialmente inglobata, nel IX secolo, nella Basilica di Santa Maria Nova, attualmente nota come Basilica di Santa Francesca Romana.