Gaeta

gaeta

“Caieta, Aeneas’s nurse, you too have granted eternal fame to our shores in dying: tributes still protect your grave, and your name marks your bones in great Hesperia, if that is glory. Now, as soon as the open sea was calm, having paid the last rites due to custom, and raised a funeral mound, Aeneas the good left the harbour and sailed on his way”
(Eneid, VII,vv.1-7) -english prose by A.S. KLINE

gaeta

For the Greek historian and geographer Strabo (64 BC-20 AD), however, the name would be derived from the Doric heading “kaiàdas” or “Kaiètas”, meaning inlet, landing place, already for Phoenician and Greek navigators (Geography, V, 3, 6 )

THE MYTH

Caieta is then added to the other companions of Aeneas, Misenus and Palinurus, who, buried along the coast of the Middle Tyrrhenian, have given life to coastal toponyms that perpetuate their memory:. The story of Caieta, on which the Virgil account offers no details, is mentioned by several historical sources (Strabo, Diodorus Siculus and Dionysius of Halicarnassus) and in particular by Ovid (Metamorphosis 14,441 sqq.): “And now the nurse of Aeneas, buried in a marble urn, had a mound with a short epitaph: Here rests Caieta: my godson, known for his piety (…) here he cremated me”.

The historical reality

In Roman times Caieta (Gaeta) was an elegant residential suburb and port of the municipium of the nearby Formiae. Along the Via Flacca, which connected the two centers and then, through Sperlonga and Terracina reached Rome, a series of luxurious coastal villas followed. The literary sources recall here the residences of Scipione Emiliano, Caio Mario, Annia Faustina, Antonino Pio.
The territory is rich in evidence of private architecture, starting from the villas of mixed character (housing and productive), raised on gentle hills and a few miles from the sea since the second century. BC. In addition to these, especially from the middle of the first century b.c., the type of stately residence (the villa of otium) located near the coast, often organized on staggered terraces along a slope or articulated in distinct nuclei. Many of these, classified as “maritimae”, are characterized by the close connection with the sea, by the presence of fish farms for the breeding of molluscs and valuable fish and a small port, or at least a private berth, for boats.
At the end of the Republican age, often inside the estates stands the sepulchre, as in the case of two grandiose mausoleums with a circular plan by Lucio Munazio Planco and Lucio Sempronio Atratino, prominent figures in the last convulsive decades of the first century. BC, both owners of land (praedia) and villas in the Gulf of Gaeta . The first, by Munatio Planco, stands in a scenic position on the top of Mount Orlando within a large estate, the Plancianum, located in one of the most picturesque points of the coast, now included in the ” Regional Natural Park of the Ulysses Riviera”.
The dominant location on the sea and visible from a distance of the mausoleum of Manuzio Planco fully reflects the personality of its owner, born in Tivoli in 90 B.C. from a family of equestrian rank enriched with trade in the East.

Approfondimenti

Informazioni aggiuntive

La città è strettamente legata al racconto del mitico viaggio di Enea, cantato da Virgilio nell’Eneide, come punto di arrivo dell’eroe troiano sulle coste laziali.
Secondo la tradizione ripresa da Virgilio, infatti, appena sbarcato Enea fece il primo sacrificio, in un luogo presso il fiume Numico (oggi Fosso di Pratica: Numico_1), dove poi sarebbe sorto un santuario dedicato a Sol Indiges. Inseguendo una scrofa bianca gravida, l’eroe percorse una distanza di 24 stadi: qui la scrofa partorì trenta piccoli e il prodigio offrì ad Enea un segno della volontà degli dei di fermarsi e fondare una nuova città. L’eroe incontrò Latino, il re della locale popolazione degli Aborigeni, il quale, dopo aver consultato un oracolo, capì che i nuovi arrivati non dovevano essere considerati degli invasori, ma come uomini amici da accogliere. Enea sposò dunque la figlia di Latino, Lavinia, e fondò la città di Lavinium, celebrando la nascita di un nuovo popolo, nato dalla fusione tra Troiani e Aborigeni: il popolo dei Latini. Il mito racconta che Enea non morì, ma scomparve in modo prodigioso tra le acque del fiume Numico e da questo evento fu onorato come Padre Indiges: Il padre capostipite.

La piazza pubblica della città aveva una pianta rettangolare, ornata sui lati lunghi da portici, su cui si aprivano diversi edifici: uno di questi aveva forse la funzione di “Augusteo”, luogo dedicato al culto imperiale, come sembra indicare il ritrovamento di splendidi ritratti degli imperatori Augusto, Tiberio e Claudio. Sul lato corto occidentale si affacciavano un edificio elevato su un podio, forse la Curia (luogo di riunione del governo locale), e un tempio, risalente ad età repubblicana.

Il santuario, situato ad est della città antica, era dedicato alla dea Minerva, che a Lavinium è dea guerriera, ma anche protettrice dei matrimoni e delle nascite. È stato trovato un enorme scarico di materiale votivo databile tra la fine del VII e gli inizi del III sec. a.C., costituito soprattutto da numerose statue in terracotta raffiguranti soprattutto offerenti, sia maschili che femminili, alcune a grandezza naturale, che donano alla divinità melograni, conigli, colombe, uova e soprattutto giocattoli: le offerte simboleggiano l’abbandono della fanciullezza e il passaggio all’età adulta attraverso il matrimonio


Eccezionale il ritrovamento di una statua della dea, armata di spada, elmo e scudo e affiancata da un Tritone, essere metà umano e metà pesce: questo elemento permettere di riconoscere nella raffigurazione la Minerva Tritonia venerata anche in Grecia, in Beozia, e ricordata da Viirgilio nell’Eneide (XI, 483): “armipotens, praeses belli, Tritonia virgo” (O dea della guerra, potente nelle armi, o vergine tritonia…)

Il culto del santuario meridionale nasce in età arcaica ed era caratterizzato da libagioni. Nella fase finale il culto si trasforma invece verso la richiesta di salute e guarigione, documentato dalle numerose offerte di ex voto anatomici. Sono state trovate iscrizioni di dedica che ricordano
Castore e Polluce (i Dioscuri) e la dea Cerere. La molteplicità degli altari e delle dediche è stata interpretata come testimonianza del carattere federale del culto, quindi legato al popolo latino nel suo insieme: ogni altare potrebbe forse rappresentare una delle città latine aderenti alla Lega Latina, confederazione che riuniva molte città del Latium Vetus, alleatesi per contrastare il predominio di Roma.

Dionigi di Alicarnasso, vissuto sotto il principato di Augusto, afferma di aver visto in questo luogo, ancora al suo tempo, nel I sec. a.C., due altari, il tempio dove erano stati posti gli dèi Penati portati da Troia e la tomba di Enea circondata da alberi: «Si tratta di un piccolo tumulo, intorno al quale sono stati posti file regolari di alberi, che vale la pena di vedere» (Ant. Rom. I, 64, 5)
Alba

Lavinium fu considerata anche il luogo delle origini del popolo romano: all’immagine di Roma nel momento della sua espansione e della crescita del suo potere era utile costruire una discendenza mitica da Enea, figlio di Venere, onorato per le sue virtù, per la capacità di assecondare gli dèi; di conseguenza si affermò anche la tradizione per la quale Romolo, il fondatore di Roma, aveva le sue origini, dopo quattro secoli, dalla medesima stirpe di Enea.
Secondo questa tradizione Ascanio Iulo, il figlio di Enea, aveva fondato Alba Longa, città posta presso l’attuale Albano, dando l’avvio a una dinastia, che serviva per colmare i quattrocento anni che separano le vicende di Enea (XII sec. a.C.) dalla fondazione di Roma (VIII se. a.C.), quando, dalla stessa stirpe, nacquero i gemelli Romolo e Remo, secondo la tradizione allattati da una lupa. Questi erano dunque i nipoti del re di Alba Longa. La madre era Rea Silvia e il padre il dio Marte. Romolo uccise Remo e poi fondò Roma nel 753 a.C. Lavinium diventava così la città sacra dei Romani, dove avevano sede i “sacri princìpi del popolo romano”.

Il Borgo sorge su una altura occupata nell’antichità dall’acropoli di Lavinium. In età imperiale vi sorge una domus, testimoniata da pavimenti in mosaico in bianco e nero (Borgo_1). Una civitas Pratica è ricordata per la prima volta in un documento del 1061, mentre nell’epoca successiva si parla di un castrum che fu di proprietà del Monastero di San Paolo fino al 1442. La Tenuta di Pratica di Mare, comprendente anche il Borgo, allora definito “Castello” (Borgo_2), divenne poi proprietà della famiglia Massimi e in seguito fu acquistata nel 1617 dai Borghese. Il principe Giovan Battista, nel tentativo di valorizzare il territorio con l’agricoltura, ristrutturò il villaggio nella forma che ancora oggi rimane, caratteristica per la sua pianta ortogonale e la sua unitarietà. Dalla metà dell’Ottocento la malaria, che devastava la campagna romana, causò lo spopolamento del borgo, finché Camillo Borghese dal 1880 si impegnò nell’opera di ricolonizzazione, restaurando il palazzo e intervenendo con una importante opera di riassetto della tenuta, dove fu impiantata una singolare vigna a pianta esagonale. Il Borgo e la tenuta rappresentano una preziosa area monumentale e agricola ancora intatta all’interno della zona degradata di Pomezia e Torvaianica.

Noted for his skillful and unscrupulous political turnovers which had enabled him to remain afloat in a troubled period of the late republic and for his proposal to bestow the title of Augustus upon the young Octavian in 27 BC, was one of the main actors in the process of creating the principality. He spent a brilliant public career reaching the highest political and military positions. As stated in the dedicatory inscription on the entrance door of the monument, he was a general of Caesar, consul and censor, deduced the triumviral colony of Benevento and, during his proconsulation in Gaul in 43 BC, those of Lugdunum (Lyon) and Augusta Raurica (Basel). Cicero wrote to him the proverbial phrase: “You have achieved the highest goals, guided by your valor and accompanied by luck”. The extraordinary sepulchre consists of a cylindrical crenellated body (diam. m. 29) on a high base: perhaps it was surmounted by a cone of earth placed in a garden, concluded at the top by a statue of the deceased, as in the mausoleum of Augustus. The exterior is lined with rows of stone blocks and decorated with a Doric frieze bearing sculpted weapons and military symbols; the interior, in a reticulated work, is divided into an annular ambulatory that follows the perimeter of the drum, on which are opened four funeral cells arranged in a cross, built around a central pillar that, extended at the top, supported the image of the holder. Connected to a villa was also the mausoleum of Sempronio Atratino who, instead, was stripped of the outer covering in limestone blocks and decorative bands to reuse them in the construction of the valuable bell tower of the Cathedral of Gaeta (12th century ). Fragment of epigraph of L. Atratino). Architecturally similar to that of Planco, shows three burial cells that open onto an annular corridor; the space of the fourth cell was intended for a cistern. The tomb was decorated, as opposed to the previous one, with a frieze Doric metope depicting insignia and ritual tools. In fact, despite the military capabilities (he was prefect of the fleet of Mark Antony, consul, triumphant for the successes in Africa) Sempronio Atratino, who committed suicide perhaps in 7 A.D. to escape a serious illness, held in a particular way to his dignity of augure. In his will he left all his possessions to Augustus.
Coinciding with the progressive decline of Formiae, struck from the fifth century by the raids of invading armies (Goths, Vandals, Byzantines, Lombards), in the early Middle Ages developed a village, the district of St. Erasmus, located at the base of a promontory jutting out in the wide gulf of Gaeta (ancient sinus Amyclanus). The settlement flourished thanks to its distance from the Appian Way at that time crossed by troops and predators.

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About funerary monuments and Augustan Age:
N. Cassieri (a cura di), Formiae. Una città all’inizio dell’Impero. Formia 2014

About Gaeta in the Middle and Modern Age: 
S. Aurigemma, A. De Santis, Gaeta, Formia, Minturno, Roma 1964
M. D’Onofrio, M. Gianandrea (a cura di), Gaeta medievale e la sua Cattedrale , Roma 2018

INTRODUCTION

According to Virgil Caieta was named after the nurse of Aeneas who was buried in this place. Gaeta was celebrated at all times for the variety of views, the mildness of the climate and the beauty of the landscape: especially from the late republic welcomed rich villas of urban aristocracy and local ruling classes (knights, businessmen or even last-minute wealthy), and even members of the imperial family, who settled there, occupying every inlet and every corner of the coast.

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