Castro approfondimenti

castro approfondimenti

Castro – Approfondimenti

preistoria

La Grotta Romanelli e la Grotta Zinzulusa hanno rivelato aspetti inediti dell’arte, della cultura materiale e della religione di queste antichissime genti d’Italia. Il nome della Grotta Zinzulusa deriva dal termine dialettale “zinzulu”, che vuol dire straccio, che allude alla forma delle stalattiti che scendono dalla copertura dell’antro. Si tratta di una grande cavità di origine carsica, all’interno della quale si trova una lunga galleria, piccoli laghetti e un grande ambiente terminale, frequentata dal Paleolitico al Medioevo, forse sede di un culto delle acque.
All’età del Bronzo si riferiscono i recenti ritrovamenti in località Palombara, in un pianoro ai piedi dell’abitato di Castro, in prossimità della costa rocciosa a picco sul mare. Qui si è portato alla luce un insediamento fortificato del II millennio a.C., confrontabile con gli altri siti identificati lungo la costa adriatica (Porto Russo, Otranto, Roca etc.). Notevoli le ceramiche locali della fase protogeometrica (XI-X sec. a. C.), in argilla depurata chiara con decorazioni a triangoli dipinti in bruno.

grandi lastre in pietra tenera

Questo schema decorativo, chiamato dagli specialisti “peopled scroll”, consiste in girali vegetali animati da figure animali e da personaggi diversi, come eroti o Vittorie, che esprimono immagini di straordinaria forza espressiva: quello di Castro rappresenta uno dei più antichi esempi di un tema iconografico che avrà grande fortuna nell’età ellenistico-romana e che troverà nell’Ara Pacis Augusti di Roma la più raffinata espressione. A Castro le raffigurazioni dovevano comunicare a chi saliva sino alla sommità del pianoro e al santuario di Atena i simboli della fecondità della natura e, attraverso le figure di Nikai, i temi del trionfo e della regalità.

elementi di decorazione architettonica

Tra questi un blocco “a triglifo” che si può identificare come la parte centrale del frontone dell’edificio di culto: la sua importanza risiede nel fatto che si tratta del primo esempio, nell’architettura reale della grecità d’Occidente, di una soluzione architettonica finora conosciuta solo nei modellini di edifici, nelle raffigurazioni su ceramica e nelle terrecotte.
Ricostruzione del frontone del tempio con il triglifo al centro

Busto di atena

La dea è raffigurata stante, indossa la tunica e sopra il mantello, legato sui fianchi e fissato con un nodo “erculeo” sul davanti; con il braccio sinistro teneva la lancia e con la destra, abbassata, lo scudo. Lo schema è quello della famosa statua di oro e avorio della Athena Parthenos (Atena Vergine) realizzata dallo scultore greco Fidia nel 438 a.C., che era collocata nella cella del Partenone ad Atene.
Ricostruzione della statua di Atena Parthenos di Fidia

armi

Il piccolo gruppetto di armi – seppellite ritualmente nel santuario – è composto soprattutto da punte di lancia e di freccia, alcune delle quali ripiegate ritualmente in modo da renderle inservibili e sancire così la definitiva offerta dell’oggetto alla divinità, probabilmente per ringraziamento dopo l’esito positivo di uno scontro bellico. Sono stati trovati anche frammenti di uno scudo oplitico di bronzo, offerta di prestigio forse di un aristocratico, espressione di potere e ricchezza.

Punte di lancia in ferro
(Castro, Museo Civico Archeologico)

Iscrizioni messapiche

Il messapico era la lingua che parlavano e scrivevano gli abitanti del Salento fino alla conquista romana, quando, nel II sec. a.C., fu sostituito con il latino. Si tratta di una lingua di tipo balcanico, diversa sia dal greco (diffuso in Italia meridionale dalla colonizzazione), sia dalle altre lingue italiche: questa origine dipende dalle migrazioni di popoli provenienti dall’attuale Albania tra le due sponde del Canale di Otranto tra IX e VIII sec. a.C. Tuttavia i Messapi adottarono per la scrittura proprio l’alfabeto greco, introducendo soltanto un nuovo segno “a tridente” per esprimere la “t” aspirata. Nel Salento si conoscono più di 500 iscrizioni nella lingua dei Messapi, che costituiscono un corpus prezioso per studiare anche la lingua degli Illiri. A Castro le iscrizioni messapiche contengono elenchi di nomi, in cui è possibile riconoscere i principi indigeni che frequentarono, insieme ai Greci, il luogo di culto.
Blocchi con iscrizioni in lingua messapica
(Castro, Museo Civico Archeologico)
Blocchi con iscrizioni in lingua messapica
(Castro, Museo Civico Archeologico)

elmo "frigio"

L’elmo “frigio” è caratterizzato da una calotta conica rivolta in avanti, che termina in un rigonfiamento o in una testa di grifo. Gli esempi più antichi sono attestati in Tracia, ma dal IV sec. a.C. è portato da fanti e cavalieri macedoni, che probabilmente lo riprendono proprio dal mondo tracio. Nelle antiche iconografie va dunque interpretato genericamente come richiamo al mondo orientale.