Delo

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“Sacra in mezzo al mare giace una terra [...], [...]che, errante intorno alle terre e alle rive, il dio arciere pietoso avvinse all'eccelsa Micono e a Giaro, e diede che fosse immobile e spregiasse i venti. Qui sono portato; questa ci accoglie stanchi, placidissima, nel porto sicuro. Sbarcati veneriamo la città di Apollo. ”
Eneide, III, 73-79

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L’ “isola sacra” di Delo è un piccolo lembo roccioso a poche miglia dalle coste occidentali di Mykonos, nell’arcipelago delle Cicladi. Il sito, secondo la mitologia, sarebbe il luogo di nascita di Apollo e Artemide, frutto dell’unione fra Zeus e Leto (Latona per i Romani), una discendente dei Titani. Hera, la moglie di Zeus, furiosa di gelosia, avrebbe proibito a Leto di partorire su qualsiasi terra “ferma”, sia continente o isola. Leto vagò disperata finché non giunse a Delo, appena sorta dalle acque, galleggiante sulle onde e non ancora stabile: qui la dea poté finalmente dare alla luce i due gemelli, l’isola si fermò e restò consacrata ad Apollo e con lui alle dee sue paredre, Artemide e Latona.
William Henry Rinehart, Latona ed i suoi figli Apollo e Diana
(1874, New York, Metropolitan Museum of Art).

Proprio su quest’isola, sede di un importante santuario oracolare  dedicato ad Apollo, i Troiani sarebbero giunti dopo la tappa in Tracia per consultare l’oracolo del dio e ricevere la rivelazione della terra in cui Enea avrebbe dovuto condurre i suoi uomini e fondare una nuova città.

Approdati, i fuggiaschi vengono accolti dal re-sacerdote Anio – un amico di lunga data di Anchise, il padre di Enea – che li conduce al tempio del dio Apollo. Posto il quesito, la divinità risponde di cercare “l’antica madre”: il luogo da cui proveniva il capostipite dei Troiani.

Claude Lorrain, Paesaggio marino con Enea a Delo
(1672, Londra, National Gallery).
Il riconoscimento di Delo come “isola sacra” ha origini antichissime: fu sede di un luogo di culto già dagli inizi del I millennio a.C. Tuttavia, il sito conseguì un primato religioso e commerciale internazionalmente riconosciuto soprattutto a partire dal VII sec. a.C. quando anche i re della ricchissima Lidia gareggiavano in donativi di oggetti preziosi e di raffinata esecuzione. Proprio per la sua rilevanza e la posizione strategica, nel V secolo a.C. Atene cercò di assumerne il dominio, prendendo il comando della Lega Delio-Attica: una confederazione che aveva sede nel santuario di Apollo. Con lo scopo di “purificare” il luogo di culto gli Ateniesi nel 426 a.C. emisero un decreto in base al quale nessuno poteva nascere o morire a Delo, per cui i malati e le partorienti venivano trasferiti nella vicina isola di Renea. Nel 422 a.C. venne trasferita l’intera popolazione. Solo negli ultimi anni del IV sec. a.C. – probabilmente nel 314 a.C. – Delo riconquistò la sua indipendenza. Un’importante fase di prosperità fu raggiunta a partire dal III secolo a.C., ma soprattutto dopo il 166 a.C., quando l’isola fu dichiarata dai Romani “porto franco”, destinato ad assorbire tutto il commercio dell’Egeo. I Delî furono banditi dalla loro patria e l’isola fu popolata da coloni ateniesi. L’inizio del I secolo a.C. segnò l’apogeo del suo sviluppo economico, come mercato comune dei Greci e degli Italici, particolarmente famoso soprattutto per il commercio degli schiavi
Gustave C. R. Boulanger, Il mercato degli schiavi
(1886, collezione privata).
Subito dopo, immediata e rapida, iniziò la decadenza: l’isola fu saccheggiata e devastata prima da Mitridate VI, re del Ponto, nell’88-86 a.C. e poi dai pirati, suoi alleati, nel 69 a.C. Delo cessò di essere epicentro di vita e di commercio, Italici e Orientali scomparvero del tutto, ed il sito fu progressivamente abbandonato. L’isola è stata oggetto, a partire dall’Ottocento, di intense campagne di scavo, soprattutto ad opera di una missione ufficiale francese, che prosegue tuttora il suo impegno di ricerca e di studio. Attualmente l’isola, quasi disabitata, costituisce un parco archeologico riconosciuto “Patrimonio Mondiale dell’Umanità” dal 1990. Dal porto, una via sacra conduce al santuario di Apollo: un’area recintata che ospita tre templi dedicati al dio, circondati da una moltitudine di edifici di culto e monumenti ex-voto.
Il santuario di Apollo
Tra questi si ricorda la stoà del re Antigono Gonata ed il Monumento dei Tori: una struttura in cui era conservata una nave, dedicata come ringraziamento per una vittoria.
Il “monumento dei Tori”

All’interno dell’area sacra, inoltre, sono presenti delle piccole strutture note con il nome di “tesori” – in cui erano custoditi doni votivi – di cui farebbe parte anche il cosiddetto Oikos dei Nassi.
Nella zona a Nord del santuario si trovava il Lago Sacro che ospitava i cigni di Apollo, realizzato nel punto in cui Leto avrebbe dato alla luce i gemelli (ma prosciugato nel 1925) e la famosa Terrazza dei Leoni, un viale monumentale costeggiato da arcaiche  statue di leoni, dedicato dagli abitanti di Naxos intorno al 600 a.C.

La via dei Leoni

Di particolare importanza è anche l’Agorà degli Italici, dove le iscrizioni provano la cospicua presenza di commercianti italici. Questa piazza, con i relativi ambienti, non è l’unico luogo associato a mercanti provenienti da una specifica area geografica. È attestata, infatti, anche una Sede dei Poseidoniasti di Beirut, di una Agorà degli Ermaisti o Compitaliasti, sempre di origine italica, e di una Agorà dei Delî. Questi luoghi dimostrano come a Delo, oltre alle corporazioni locali, si fossero impiantate le sedi di alcuni gruppi mercantili provenienti da altre località e “protette” da specifiche divinità

L’Agorà degli Ermaisti
A Sud dell’Agorà degli Italici si trova anche uno straordinario monumento di architettura ellenistica (fine del III secolo a.C.): la “Sala Ipostila”, un enorme edificio rettangolare diviso in navate da 44 colonne, destinata alle transazioni commerciali. Nell’isola si conservano molte abitazioni – per lo più risalenti al II – I secolo a.C.- dotate di ampio peristilio centrale, circondato da ambienti decorati con pavimenti a mosaico e pareti dipinte

Approfondimenti

Informazioni aggiuntive
Peristilio di una domus
Mosaico raffigurante Dioniso che cavalca un leopardo
(seconda metà del II secolo a.C., Delo, Casa delle Maschere).

La città è strettamente legata al racconto del mitico viaggio di Enea, cantato da Virgilio nell’Eneide, come punto di arrivo dell’eroe troiano sulle coste laziali.
Secondo la tradizione ripresa da Virgilio, infatti, appena sbarcato Enea fece il primo sacrificio, in un luogo presso il fiume Numico (oggi Fosso di Pratica: Numico_1), dove poi sarebbe sorto un santuario dedicato a Sol Indiges. Inseguendo una scrofa bianca gravida, l’eroe percorse una distanza di 24 stadi: qui la scrofa partorì trenta piccoli e il prodigio offrì ad Enea un segno della volontà degli dei di fermarsi e fondare una nuova città. L’eroe incontrò Latino, il re della locale popolazione degli Aborigeni, il quale, dopo aver consultato un oracolo, capì che i nuovi arrivati non dovevano essere considerati degli invasori, ma come uomini amici da accogliere. Enea sposò dunque la figlia di Latino, Lavinia, e fondò la città di Lavinium, celebrando la nascita di un nuovo popolo, nato dalla fusione tra Troiani e Aborigeni: il popolo dei Latini. Il mito racconta che Enea non morì, ma scomparve in modo prodigioso tra le acque del fiume Numico e da questo evento fu onorato come Padre Indiges: Il padre capostipite.

La piazza pubblica della città aveva una pianta rettangolare, ornata sui lati lunghi da portici, su cui si aprivano diversi edifici: uno di questi aveva forse la funzione di “Augusteo”, luogo dedicato al culto imperiale, come sembra indicare il ritrovamento di splendidi ritratti degli imperatori Augusto, Tiberio e Claudio. Sul lato corto occidentale si affacciavano un edificio elevato su un podio, forse la Curia (luogo di riunione del governo locale), e un tempio, risalente ad età repubblicana.

Il santuario, situato ad est della città antica, era dedicato alla dea Minerva, che a Lavinium è dea guerriera, ma anche protettrice dei matrimoni e delle nascite. È stato trovato un enorme scarico di materiale votivo databile tra la fine del VII e gli inizi del III sec. a.C., costituito soprattutto da numerose statue in terracotta raffiguranti soprattutto offerenti, sia maschili che femminili, alcune a grandezza naturale, che donano alla divinità melograni, conigli, colombe, uova e soprattutto giocattoli: le offerte simboleggiano l’abbandono della fanciullezza e il passaggio all’età adulta attraverso il matrimonio


Eccezionale il ritrovamento di una statua della dea, armata di spada, elmo e scudo e affiancata da un Tritone, essere metà umano e metà pesce: questo elemento permettere di riconoscere nella raffigurazione la Minerva Tritonia venerata anche in Grecia, in Beozia, e ricordata da Viirgilio nell’Eneide (XI, 483): “armipotens, praeses belli, Tritonia virgo” (O dea della guerra, potente nelle armi, o vergine tritonia…)

Il culto del santuario meridionale nasce in età arcaica ed era caratterizzato da libagioni. Nella fase finale il culto si trasforma invece verso la richiesta di salute e guarigione, documentato dalle numerose offerte di ex voto anatomici. Sono state trovate iscrizioni di dedica che ricordano
Castore e Polluce (i Dioscuri) e la dea Cerere. La molteplicità degli altari e delle dediche è stata interpretata come testimonianza del carattere federale del culto, quindi legato al popolo latino nel suo insieme: ogni altare potrebbe forse rappresentare una delle città latine aderenti alla Lega Latina, confederazione che riuniva molte città del Latium Vetus, alleatesi per contrastare il predominio di Roma.

Dionigi di Alicarnasso, vissuto sotto il principato di Augusto, afferma di aver visto in questo luogo, ancora al suo tempo, nel I sec. a.C., due altari, il tempio dove erano stati posti gli dèi Penati portati da Troia e la tomba di Enea circondata da alberi: «Si tratta di un piccolo tumulo, intorno al quale sono stati posti file regolari di alberi, che vale la pena di vedere» (Ant. Rom. I, 64, 5)
Alba

Lavinium fu considerata anche il luogo delle origini del popolo romano: all’immagine di Roma nel momento della sua espansione e della crescita del suo potere era utile costruire una discendenza mitica da Enea, figlio di Venere, onorato per le sue virtù, per la capacità di assecondare gli dèi; di conseguenza si affermò anche la tradizione per la quale Romolo, il fondatore di Roma, aveva le sue origini, dopo quattro secoli, dalla medesima stirpe di Enea.
Secondo questa tradizione Ascanio Iulo, il figlio di Enea, aveva fondato Alba Longa, città posta presso l’attuale Albano, dando l’avvio a una dinastia, che serviva per colmare i quattrocento anni che separano le vicende di Enea (XII sec. a.C.) dalla fondazione di Roma (VIII se. a.C.), quando, dalla stessa stirpe, nacquero i gemelli Romolo e Remo, secondo la tradizione allattati da una lupa. Questi erano dunque i nipoti del re di Alba Longa. La madre era Rea Silvia e il padre il dio Marte. Romolo uccise Remo e poi fondò Roma nel 753 a.C. Lavinium diventava così la città sacra dei Romani, dove avevano sede i “sacri princìpi del popolo romano”.

Il Borgo sorge su una altura occupata nell’antichità dall’acropoli di Lavinium. In età imperiale vi sorge una domus, testimoniata da pavimenti in mosaico in bianco e nero (Borgo_1). Una civitas Pratica è ricordata per la prima volta in un documento del 1061, mentre nell’epoca successiva si parla di un castrum che fu di proprietà del Monastero di San Paolo fino al 1442. La Tenuta di Pratica di Mare, comprendente anche il Borgo, allora definito “Castello” (Borgo_2), divenne poi proprietà della famiglia Massimi e in seguito fu acquistata nel 1617 dai Borghese. Il principe Giovan Battista, nel tentativo di valorizzare il territorio con l’agricoltura, ristrutturò il villaggio nella forma che ancora oggi rimane, caratteristica per la sua pianta ortogonale e la sua unitarietà. Dalla metà dell’Ottocento la malaria, che devastava la campagna romana, causò lo spopolamento del borgo, finché Camillo Borghese dal 1880 si impegnò nell’opera di ricolonizzazione, restaurando il palazzo e intervenendo con una importante opera di riassetto della tenuta, dove fu impiantata una singolare vigna a pianta esagonale. Il Borgo e la tenuta rappresentano una preziosa area monumentale e agricola ancora intatta all’interno della zona degradata di Pomezia e Torvaianica.

Queste case sono concentrate nel quartiere in cui si trova anche il teatro, ma alcune residenze si situano anche in prossimità del Lago Sacro e della terrazza che ospita i santuari degli dèi stranieri, siriaci ed egiziani. Nel centro, infine, sono presenti diversi edifici connessi allo svolgimento delle Feste Delie, che prevedevano anche delle gare sportive e teatrali per cui, oltre al teatro, fu prevista la realizzazione di un ippodromo, uno stadio e tre palestre.
Il teatro
La cisterna del teatro

Per saperne di più:

F. Coarelli, I mercanti nel tempio. Delo : culto, politica, commercio, Atene 2016


E. Lippolis, M. Livadiotti, G. Rocco, Architettura Greca. Storia e monumenti del mondo della polis dalle origini al V secolo, Milano, 2007.


P. Bruneau, J. Ducat, Guide de Délos, École Française d’Athènes, Atene, 2005 (aggiornamento della guida del 1965 operato da Brunet M., Farnoux A., Moretti J.C.)


H. Duchêne, P. Fraisse, Le paysage portuaire de la Délos antique. Recherches sur les installations maritimes commerciales et urbaines du littoral délien, Exploration archéologique de Délos, Fascicolo 39, École Française d’Athènes, Atene 2001.

IN BREVE

Delo, oggi disabitata, in mezzo al mare, custodisce la storia di un’antica umanità vivace e variegata. Questa piccola lingua di terra, con il suo santuario dedicato ad Apollo, è stata uno dei centri religiosi e mercantili più importanti d’Occidente, frequentato nell’antichità da molte genti diverse. A Delo sono sbarcate persone, merci, idee e divinità che hanno lasciato tracce magnificamente conservate, creando un dipinto culturale di cui è ancora possibile apprezzare, indisturbate, tutte le sfumature di colore.

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