Eneade

Eneade

Una terra lontano è abitata, sacra a Marte, con vaste pianure, l’arano i Traci […]. Qui sono condotto e in un seno del lido pongo le mie prime mura, sbarcato con fati contrari: Eneade è il nome che formo dal mio nome. ”
Eneide, III, 13 – 18.

La città di Eneade, attualmente nota con il nome di Enez, è un luogo dalla storia lunga e sfaccettata. Il centro, chiamato anche Ainos in greco ed Aenus in latino, si trova al confine tra la Grecia e la Turchia, nella provincia turca di Edirne, in un’area costiera alla foce del fiume Ebro (il moderno Meriç).
Stando alle fonti storiche e geografiche, la città fu una colonia degli Eoli, forse provenienti da Cuma eolica oppure da Mitilene.
Nella tradizione letteraria, invece, la fondazione dell’abitato affonda le radici in un passato mitico ed antichissimo: la sua prima citazione, infatti, risale all’Iliade di Omero, in cui si menziona il condottiero tracio Piroo, venuto da Ainos per aiutare i Troiani nella guerra contro gli Achei.
In un mito più tardo, risalente al II secolo d.C., si narra invece del re di Ainos (qui chiamata Poltyobria) Poltide, figlio di Poseidone, che avrebbe ospitato Ercole di ritorno dalla sua nona fatica. Mentre l’eroe si stava apprestando alla partenza, venne infastidito dal fratello del re, Sarpedonte, e lo uccise.
Sebbene il riferimento nell’Iliade faccia intendere un’esistenza della città già prima dell’arrivo di Enea, la tradizione virgiliana assegna a questo eroe la costituzione del sito. Nell’Eneide, infatti, si racconta come i fuggiaschi troiani, dopo il periodo trascorso ad Antandros, abbiano intrapreso il loro viaggio per mare alla volta della Tracia. Giunti sulla costa, Enea fonda qui la sua prima città: l’omonima Eneade.
La permanenza dei troiani in Tracia, tuttavia, non è destinata a durare, a causa di un infausto presagio. In occasione dello svolgimento di un sacrificio in onore di Zeus, Enea si reca nella macchia boschiva per cercare delle piante con cui ornare l’altare. Strappando dei rami di mirto, l’eroe si accorge che dalla pianta sgorga del sangue: imprigionata nell’arbusto c’è l’anima di Polidoro, figlio del re troiano Priamo e della regina Ecuba, inviato in Tracia per sfuggire alla Guerra di Troia ed ucciso dal re locale Polimestore, per impossessarsi delle sue ricchezze. Enea dà a Polidoro una degna sepoltura, affinché la sua anima possa finalmente lasciare la terra e riposare nell’Ade, ed abbandona per sempre la regione.

Francesco Xanto Avelli, Piatto del servizio Pucci con rappresentazione di Enea presso il sepolcro di Polidoro
(1532 – 1533, New York, Metropolitan Museum of Art).
Storicamente, Ainos fu al centro dei grandi eventi politici già a partire dal VI secolo a.C. La città, infatti, fu conquistata dai Persiani durante la loro spedizione militare contro gli Sciti, iniziata nel 513 a.C., e fu luogo di passaggio del re Serse durante la campagna del 480 a.C. contro la Grecia. Liberata dal dominio persiano nel 480/479 a.C. ed ottenuta l’indipendenza, Ainos entrò a far parte della Lega Delio-Attica: una confederazione di città greche, nata per contrastare le invasioni persiane, avente come sede l’isola di Delo. Nel corso del IV secolo a.C. il sito entrò nella sfera di influenza del Regno di Macedonia, fino alla morte di Alessandro Magno.
Mosaico pompeiano con la riproduzione della battaglia di Isso. Particolare di Alessandro Magno a cavallo
(100 a.C. circa, Napoli, Museo Archeologico Nazionale).
Con l’inizio dell’età ellenistica, la sua posizione geografica determinò numerosi transiti da un impero all’altro, in un periodo di forti scontri: la città passò prima nelle mani di Lisimaco – uno dei Diadochi, i successori di Alessandro – poi fu acquisita dall’Impero dei Seleucidi nel 281 a.C., dal Regno tolemaico d’Egitto nel 246 a.C., da Filippo V di Macedonia nel 200 a.C. ed, infine, ancora una volta dai Seleucidi. Un periodo di stabilità si ebbe a partire dal 190 a.C., con la conquista della Tracia da parte dei Romani. In seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., Ainos continuò a prosperare all’interno dell’Impero Romano d’Oriente e divenne uno snodo commerciale di particolare importanza durante il periodo bizantino, al punto tale da spingere l’imperatore Giustiniano I (527–565 d.C.) a rafforzare il circuito murario cittadino, per difendere la città dagli attacchi degli Slavi. Nel tardo periodo bizantino la città venne amministrata dalla famiglia genovese dei Gattilusi fino al 1456: in seguito passò nelle mani dell’Impero Ottomano.
Gentile Bellini, Ritratto del sultano ottomano Maometto II Il Conquistatore
(1480, Londra, The National Gallery).
Della lunga e complessa storia di Ainos è possibile scorgere, attualmente, soltanto alcune tracce poiché si tratta di un centro a continuità di vita. Le fasi risalenti al VI secolo fino al IV secolo a.C. sono particolarmente ben conservate nel contesto delle necropoli e del tumulo di Çataltepe. Nell’area pertinente al cuore dell’abitato spesso le strutture più recenti hanno modificato, se non obliterato, gli edifici precedenti: è questo, per esempio, il caso della cappella dell‘Haghia Triada, impostata in una grotta originariamente dedicata al dio Pan. Anche le fasi romane sono note solo parzialmente, ma tra le testimonianze note spiccano i resti di strade basolate ed una ricca villa con decorazioni a mosaico. Molto più consistenti sono i resti archeologici riferibili al periodo bizantino. L’Acropoli della città è, infatti, occupata da un castello fortificato, all’interno del quale si trovano luoghi di culto di particolare pregio: la chiesa di S. Sofia – anche nota come Fatih Camii– oppure la chiesa dedicata alla Madonna, venerata come Theotokos Chrysopege, ovvero come “Madre di Dio” e “Fonte Dorata”. Alle prime fasi della dominazione turca, invece, risalirebbe un complesso termale situato sempre nell’area dell’Acropoli e quella che solitamente viene riconosciuta come la tomba di Has Yunus Bey: il conquistatore della città.

Approfondimenti

Informazioni aggiuntive

La città è strettamente legata al racconto del mitico viaggio di Enea, cantato da Virgilio nell’Eneide, come punto di arrivo dell’eroe troiano sulle coste laziali.
Secondo la tradizione ripresa da Virgilio, infatti, appena sbarcato Enea fece il primo sacrificio, in un luogo presso il fiume Numico (oggi Fosso di Pratica: Numico_1), dove poi sarebbe sorto un santuario dedicato a Sol Indiges. Inseguendo una scrofa bianca gravida, l’eroe percorse una distanza di 24 stadi: qui la scrofa partorì trenta piccoli e il prodigio offrì ad Enea un segno della volontà degli dei di fermarsi e fondare una nuova città. L’eroe incontrò Latino, il re della locale popolazione degli Aborigeni, il quale, dopo aver consultato un oracolo, capì che i nuovi arrivati non dovevano essere considerati degli invasori, ma come uomini amici da accogliere. Enea sposò dunque la figlia di Latino, Lavinia, e fondò la città di Lavinium, celebrando la nascita di un nuovo popolo, nato dalla fusione tra Troiani e Aborigeni: il popolo dei Latini. Il mito racconta che Enea non morì, ma scomparve in modo prodigioso tra le acque del fiume Numico e da questo evento fu onorato come Padre Indiges: Il padre capostipite.

La piazza pubblica della città aveva una pianta rettangolare, ornata sui lati lunghi da portici, su cui si aprivano diversi edifici: uno di questi aveva forse la funzione di “Augusteo”, luogo dedicato al culto imperiale, come sembra indicare il ritrovamento di splendidi ritratti degli imperatori Augusto, Tiberio e Claudio. Sul lato corto occidentale si affacciavano un edificio elevato su un podio, forse la Curia (luogo di riunione del governo locale), e un tempio, risalente ad età repubblicana.

Il santuario, situato ad est della città antica, era dedicato alla dea Minerva, che a Lavinium è dea guerriera, ma anche protettrice dei matrimoni e delle nascite. È stato trovato un enorme scarico di materiale votivo databile tra la fine del VII e gli inizi del III sec. a.C., costituito soprattutto da numerose statue in terracotta raffiguranti soprattutto offerenti, sia maschili che femminili, alcune a grandezza naturale, che donano alla divinità melograni, conigli, colombe, uova e soprattutto giocattoli: le offerte simboleggiano l’abbandono della fanciullezza e il passaggio all’età adulta attraverso il matrimonio


Eccezionale il ritrovamento di una statua della dea, armata di spada, elmo e scudo e affiancata da un Tritone, essere metà umano e metà pesce: questo elemento permettere di riconoscere nella raffigurazione la Minerva Tritonia venerata anche in Grecia, in Beozia, e ricordata da Viirgilio nell’Eneide (XI, 483): “armipotens, praeses belli, Tritonia virgo” (O dea della guerra, potente nelle armi, o vergine tritonia…)

Il culto del santuario meridionale nasce in età arcaica ed era caratterizzato da libagioni. Nella fase finale il culto si trasforma invece verso la richiesta di salute e guarigione, documentato dalle numerose offerte di ex voto anatomici. Sono state trovate iscrizioni di dedica che ricordano
Castore e Polluce (i Dioscuri) e la dea Cerere. La molteplicità degli altari e delle dediche è stata interpretata come testimonianza del carattere federale del culto, quindi legato al popolo latino nel suo insieme: ogni altare potrebbe forse rappresentare una delle città latine aderenti alla Lega Latina, confederazione che riuniva molte città del Latium Vetus, alleatesi per contrastare il predominio di Roma.

Dionigi di Alicarnasso, vissuto sotto il principato di Augusto, afferma di aver visto in questo luogo, ancora al suo tempo, nel I sec. a.C., due altari, il tempio dove erano stati posti gli dèi Penati portati da Troia e la tomba di Enea circondata da alberi: «Si tratta di un piccolo tumulo, intorno al quale sono stati posti file regolari di alberi, che vale la pena di vedere» (Ant. Rom. I, 64, 5)
Alba

Lavinium fu considerata anche il luogo delle origini del popolo romano: all’immagine di Roma nel momento della sua espansione e della crescita del suo potere era utile costruire una discendenza mitica da Enea, figlio di Venere, onorato per le sue virtù, per la capacità di assecondare gli dèi; di conseguenza si affermò anche la tradizione per la quale Romolo, il fondatore di Roma, aveva le sue origini, dopo quattro secoli, dalla medesima stirpe di Enea.
Secondo questa tradizione Ascanio Iulo, il figlio di Enea, aveva fondato Alba Longa, città posta presso l’attuale Albano, dando l’avvio a una dinastia, che serviva per colmare i quattrocento anni che separano le vicende di Enea (XII sec. a.C.) dalla fondazione di Roma (VIII se. a.C.), quando, dalla stessa stirpe, nacquero i gemelli Romolo e Remo, secondo la tradizione allattati da una lupa. Questi erano dunque i nipoti del re di Alba Longa. La madre era Rea Silvia e il padre il dio Marte. Romolo uccise Remo e poi fondò Roma nel 753 a.C. Lavinium diventava così la città sacra dei Romani, dove avevano sede i “sacri princìpi del popolo romano”.

Il Borgo sorge su una altura occupata nell’antichità dall’acropoli di Lavinium. In età imperiale vi sorge una domus, testimoniata da pavimenti in mosaico in bianco e nero (Borgo_1). Una civitas Pratica è ricordata per la prima volta in un documento del 1061, mentre nell’epoca successiva si parla di un castrum che fu di proprietà del Monastero di San Paolo fino al 1442. La Tenuta di Pratica di Mare, comprendente anche il Borgo, allora definito “Castello” (Borgo_2), divenne poi proprietà della famiglia Massimi e in seguito fu acquistata nel 1617 dai Borghese. Il principe Giovan Battista, nel tentativo di valorizzare il territorio con l’agricoltura, ristrutturò il villaggio nella forma che ancora oggi rimane, caratteristica per la sua pianta ortogonale e la sua unitarietà. Dalla metà dell’Ottocento la malaria, che devastava la campagna romana, causò lo spopolamento del borgo, finché Camillo Borghese dal 1880 si impegnò nell’opera di ricolonizzazione, restaurando il palazzo e intervenendo con una importante opera di riassetto della tenuta, dove fu impiantata una singolare vigna a pianta esagonale. Il Borgo e la tenuta rappresentano una preziosa area monumentale e agricola ancora intatta all’interno della zona degradata di Pomezia e Torvaianica.

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IN BREVE

Eneade, l’odierna Enez, è una perla incastonata tra Oriente ed Occidente. Fondata da Enea sulle coste dell’Egeo settentrionale, in Tracia, questa città è un pendolo che ha oscillato per secoli tra culture diverse. Visitare Enez permette di viaggiare indietro nel tempo, ricomponendo passo dopo passo un mosaico complesso di cui molti popoli del Mediterraneo - dai Greci ai Persiani, fino ai Bizantini e agli Ottomani - hanno creato le numerose tessere.

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