Nikopolis/Azio

Nikopolis/Azio

“Riconquistata la terra, che mai più speravamo, a Giove offriamo espiazioni, l’are incendiamo di voti, sul lido di Azio celebriamo le gare di Troia.”
Virgilio, Eneide, III, 278-280.

Nikopolis / Azio

Il promontorio di Azio, sebbene non abbia restituito testimonianze archeologiche, è considerato un luogo fondamentale per la storia di Roma. Nel braccio di mare antistante Azio, infatti, il 2 settembre del 31 a.C. si svolse la celebre battaglia navale che pose fine ad una lunga guerra civile, iniziata con l’uccisione di Giulio Cesare il 15 marzo del 44 a.C. Lo scontro si svolse tra Ottaviano, rappresentante delle istituzioni tradizionali di Roma e desideroso di ottenere un potere “imperiale”, contro Marco Antonio, traditore del mondo romano ed alleato, nonché amante, della Regina d’Egitto Cleopatra.

Ritratto di Marco Antonio
(I secolo a.C., Roma, Musei Vaticani).
Ritratto di Cleopatra
(40 a.C. – 30 a.C., Berlino, Altes Museum).

In base a quanto raccontano le fonti, Marco Antonio e Cleopatra posero il loro accampamento proprio sul promontorio di Azio, mentre Ottaviano scelse il lato opposto, cioè il luogo in cui sorge attualmente il parco archeologico di Nikopolis.

Schema degli schieramenti della Battaglia di Azio
(da Zachos 2015).

Dopo aver vinto lo scontro navale ed aver ottenuto l’opportunità di salire al potere, Ottaviano, in procinto di acquisire il titolo imperiale di “Augusto”, decise di celebrare il suo successo fondando, proprio sul luogo del suo accampamento, l’insediamento di Nikopolis (la “città della Vittoria”).
Il centro sorge in una lingua di terra compresa tra il Mar Ionio ed il Golfo di Ambracia e fu costruito completamente da zero. Non essendo un sito a continuità di vita, l’intera città costituisce un enorme parco archeologico immerso nel verde, che conserva strutture antiche in ottimo stato di conservazione.

Ricostruzione di Nikopolis in età augustea
(da Zachos 2015).
A Nord è presente il cosiddetto “Proasteion”, un’area esterna alla città in cui si trovano le strutture che servivano allo svolgimento di agoni quinquennali (i “Giochi Aziaci”). In particolare, tra gli edifici più conservati, spiccano il teatro, lo stadio, parte del ginnasio ed il trofeo costruito per celebrare la vittoria. Il centro urbano è ben riconoscibile grazie alle due imponenti cinte murarie: la più ampia risalente alla fondazione augustea, mentre la seconda, più piccola, datata al IV-V secolo d.C. L’abitato, di impianto regolare, ha restituito numerosi edifici di grande bellezza. Tra tutti spiccano due abitazioni private, decorate da mosaici: la prima è nota con il nome di “domus di Manio Antonino”, mentre la seconda è la “domus dell’Ekdikos Georgios”. Questi due grandi complessi sono la dimostrazione più evidente della ricchezza di alcuni abitanti di Nikopolis e di come questo centro riuscì a prosperare nei secoli. Tra gli edifici pubblici il più impressionante è l’Odeion, un grande complesso di forma teatrale che poteva contenere circa 1600 persone; inoltre anche il cosiddetto “Piccolo Ninfeo”, con le sue decorazioni a tema marino. La ricchezza di Nikopolis, però, non si esaurisce solo nelle strutture della prima e della piena età imperiale.
Ricostruzione di Nikopolis in età tardoantica in rapporto alle mura augustee
(da Chalkia 2015).
Come dimostrato dall’esistenza del circuito murario di età tardoantica, la città continuò ad essere frequentata anche durante la crisi dell’Impero Romano d’Occidente e dopo la sua caduta nel 476 d.C. Seppur su scala ridotta, il centro urbano si dotò di nuove abitazioni, anche se modeste, e di almeno due basiliche: le cosiddette “Basilica A” e “Basilica B”. Si devono infine ricordare le necropoli. Sebbene siano attestate cinque necropoli poste immediatamente al di fuori delle altrettante porte della cinta muraria di età augustea, il nucleo maggiormente visibile è quello della necropoli Nord, databile tra il I ed il IV secolo d.C., che comprende alcune tombe di carattere monumentale che spiccano ancora nel paesaggio circostante. Ultime due aree di interesse, per quanto leggermente decentrate rispetto al nucleo del parco archeologico, sono il museo, in cui è possibile trovare la raccolta dei reperti principali rinvenuti nel corso degli scavi condotti a Nikopolis per volontà dell’Eforato per le Antichità di Ioannina e del Comitato Scientifico di Nikopolis, e la cosiddetta “Basilica D”, ricca di pavimenti decorati.
Basilica D. Dettaglio del mosaico pavimentale del nartece
(da Chalkia 2015).

Approfondimenti

Informazioni aggiuntive

La città è strettamente legata al racconto del mitico viaggio di Enea, cantato da Virgilio nell’Eneide, come punto di arrivo dell’eroe troiano sulle coste laziali.
Secondo la tradizione ripresa da Virgilio, infatti, appena sbarcato Enea fece il primo sacrificio, in un luogo presso il fiume Numico (oggi Fosso di Pratica: Numico_1), dove poi sarebbe sorto un santuario dedicato a Sol Indiges. Inseguendo una scrofa bianca gravida, l’eroe percorse una distanza di 24 stadi: qui la scrofa partorì trenta piccoli e il prodigio offrì ad Enea un segno della volontà degli dei di fermarsi e fondare una nuova città. L’eroe incontrò Latino, il re della locale popolazione degli Aborigeni, il quale, dopo aver consultato un oracolo, capì che i nuovi arrivati non dovevano essere considerati degli invasori, ma come uomini amici da accogliere. Enea sposò dunque la figlia di Latino, Lavinia, e fondò la città di Lavinium, celebrando la nascita di un nuovo popolo, nato dalla fusione tra Troiani e Aborigeni: il popolo dei Latini. Il mito racconta che Enea non morì, ma scomparve in modo prodigioso tra le acque del fiume Numico e da questo evento fu onorato come Padre Indiges: Il padre capostipite.

La piazza pubblica della città aveva una pianta rettangolare, ornata sui lati lunghi da portici, su cui si aprivano diversi edifici: uno di questi aveva forse la funzione di “Augusteo”, luogo dedicato al culto imperiale, come sembra indicare il ritrovamento di splendidi ritratti degli imperatori Augusto, Tiberio e Claudio. Sul lato corto occidentale si affacciavano un edificio elevato su un podio, forse la Curia (luogo di riunione del governo locale), e un tempio, risalente ad età repubblicana.

Il santuario, situato ad est della città antica, era dedicato alla dea Minerva, che a Lavinium è dea guerriera, ma anche protettrice dei matrimoni e delle nascite. È stato trovato un enorme scarico di materiale votivo databile tra la fine del VII e gli inizi del III sec. a.C., costituito soprattutto da numerose statue in terracotta raffiguranti soprattutto offerenti, sia maschili che femminili, alcune a grandezza naturale, che donano alla divinità melograni, conigli, colombe, uova e soprattutto giocattoli: le offerte simboleggiano l’abbandono della fanciullezza e il passaggio all’età adulta attraverso il matrimonio


Eccezionale il ritrovamento di una statua della dea, armata di spada, elmo e scudo e affiancata da un Tritone, essere metà umano e metà pesce: questo elemento permettere di riconoscere nella raffigurazione la Minerva Tritonia venerata anche in Grecia, in Beozia, e ricordata da Viirgilio nell’Eneide (XI, 483): “armipotens, praeses belli, Tritonia virgo” (O dea della guerra, potente nelle armi, o vergine tritonia…)

Il culto del santuario meridionale nasce in età arcaica ed era caratterizzato da libagioni. Nella fase finale il culto si trasforma invece verso la richiesta di salute e guarigione, documentato dalle numerose offerte di ex voto anatomici. Sono state trovate iscrizioni di dedica che ricordano
Castore e Polluce (i Dioscuri) e la dea Cerere. La molteplicità degli altari e delle dediche è stata interpretata come testimonianza del carattere federale del culto, quindi legato al popolo latino nel suo insieme: ogni altare potrebbe forse rappresentare una delle città latine aderenti alla Lega Latina, confederazione che riuniva molte città del Latium Vetus, alleatesi per contrastare il predominio di Roma.

Dionigi di Alicarnasso, vissuto sotto il principato di Augusto, afferma di aver visto in questo luogo, ancora al suo tempo, nel I sec. a.C., due altari, il tempio dove erano stati posti gli dèi Penati portati da Troia e la tomba di Enea circondata da alberi: «Si tratta di un piccolo tumulo, intorno al quale sono stati posti file regolari di alberi, che vale la pena di vedere» (Ant. Rom. I, 64, 5)
Alba

Lavinium fu considerata anche il luogo delle origini del popolo romano: all’immagine di Roma nel momento della sua espansione e della crescita del suo potere era utile costruire una discendenza mitica da Enea, figlio di Venere, onorato per le sue virtù, per la capacità di assecondare gli dèi; di conseguenza si affermò anche la tradizione per la quale Romolo, il fondatore di Roma, aveva le sue origini, dopo quattro secoli, dalla medesima stirpe di Enea.
Secondo questa tradizione Ascanio Iulo, il figlio di Enea, aveva fondato Alba Longa, città posta presso l’attuale Albano, dando l’avvio a una dinastia, che serviva per colmare i quattrocento anni che separano le vicende di Enea (XII sec. a.C.) dalla fondazione di Roma (VIII se. a.C.), quando, dalla stessa stirpe, nacquero i gemelli Romolo e Remo, secondo la tradizione allattati da una lupa. Questi erano dunque i nipoti del re di Alba Longa. La madre era Rea Silvia e il padre il dio Marte. Romolo uccise Remo e poi fondò Roma nel 753 a.C. Lavinium diventava così la città sacra dei Romani, dove avevano sede i “sacri princìpi del popolo romano”.

Il Borgo sorge su una altura occupata nell’antichità dall’acropoli di Lavinium. In età imperiale vi sorge una domus, testimoniata da pavimenti in mosaico in bianco e nero (Borgo_1). Una civitas Pratica è ricordata per la prima volta in un documento del 1061, mentre nell’epoca successiva si parla di un castrum che fu di proprietà del Monastero di San Paolo fino al 1442. La Tenuta di Pratica di Mare, comprendente anche il Borgo, allora definito “Castello” (Borgo_2), divenne poi proprietà della famiglia Massimi e in seguito fu acquistata nel 1617 dai Borghese. Il principe Giovan Battista, nel tentativo di valorizzare il territorio con l’agricoltura, ristrutturò il villaggio nella forma che ancora oggi rimane, caratteristica per la sua pianta ortogonale e la sua unitarietà. Dalla metà dell’Ottocento la malaria, che devastava la campagna romana, causò lo spopolamento del borgo, finché Camillo Borghese dal 1880 si impegnò nell’opera di ricolonizzazione, restaurando il palazzo e intervenendo con una importante opera di riassetto della tenuta, dove fu impiantata una singolare vigna a pianta esagonale. Il Borgo e la tenuta rappresentano una preziosa area monumentale e agricola ancora intatta all’interno della zona degradata di Pomezia e Torvaianica.

Per saperne di più:

K.L. Zachos, An archaeological guide to Nicopolis, Monuments of Nicopolis 10, Atene 2015.

IN BREVE

Una delle tappe più significative del lungo viaggio di Enea attraverso il Mediterraneo è la sosta presso il promontorio di Azio (Grecia occidentale). In questo luogo, all’imbocco del Golfo di Ambracia, fu condotta la battaglia navale che diede ufficialmente inizio all’Età Imperiale di Roma. Traccia concreta dello scontro armato è la città di Nikopolis (“la città della Vittoria”), fondata da Augusto e straordinariamente ben conservata in tutte le sue fasi di vita, dal I secolo a.C. fino all’XI secolo d.C.

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