I LUOGHI: Troia: tra mito e realtà

“È la città più famosa della Terra, e appartiene quindi a tutti quanti, e a tutti i tempi” (Christopher Morley, The Trojan horse, 1937).

I miti e i racconti epici legati a Troia, distrutta dopo il lungo assedio dei Greci più di tremila anni fa, le gesta di Achille ed Ettore, le passioni travolgenti, la morte di giovani eroi, la distruzione con l’inganno della città da sempre lasciano una traccia profonda nella memoria e nella fantasia.
Ma Troia non fu solo mito, fu anche realtà. Non fu una sola città, ma dieci città, sovrapposte, una sull’altra, vissute fra il 3000 a.C. e il periodo bizantino (XIII sec. d.C.) sullo stesso sito, la collina di Hissarlik nella regione di Çanakkale in Turchia, proprio grazie alla sua posizione strategica, a poca distanza dal mare e a dominio dello stretto dei Dardanelli.
Fino ai primi decenni dell’800 i poemi di Omero erano considerati un’opera di assoluta fantasia, solo leggende raccontate da un genio poetico dell’VIII sec. a.C., Omero.
Si deve ad un avventuroso ed estroso imprenditore tedesco, Heinrich Schliemann (1822-1890), convinto della storicità degli eroi dell’I liade e dell’Odissea e improvvisatosi “archeologo” ad un certo punto della sua vita, aver trovato il sito di Troia e aver dimostrato che i poemi omerici si sono ispirati a fatti reali. Dopo una infanzia difficile e povera, Schliemann si arricchì con i commerci , con il prestito di denaro e con la fornitura di materiale bellico per le truppe dello zar durante la guerra di Crimea. Divorziato dalla prima moglie sposò una affascinante e giovane donna greca, da cui ebbe due figli, che chiamò Agamennone e Andromaca. La sua idea fissa, fin dall’infanzia, era trovare Troia e ci riuscì davvero, anche se delle tante città sovrapposte sulla collina di Hissarlik identificò, sbagliando, quella di Priamo con una molto più antica di circa 1000 anni (Troia II) rispetto alla vera Troia dei poemi omerici (Troia VI-VII).

Heinrich Schliemann – Schliemann e la moglie greca Sophia Engastromena

La sua figura ha assunto toni leggendari per la pervicacia con cui cercò la città sulla base di una fiducia cieca e quasi ingenua nelle descrizioni dei luoghi scritte nell’Iliade: visto che i Greci si spostano dalla zona di assedio alle navi più volte al giorno, la città non poteva essere molto lontana dalla costa; e, soprattutto, Ettore, rincorso da Achille prima del fatale duello che lo porterà alla morte, gira correndo intorno alla rocca di Priamo tre volte, e dunque non potevano esserci pendii ripidi né l’ampiezza esterna poteva essere troppo estesa.

Una delle grandi e profonde trincee degli scavi di Schliemann
Veduta da Troia della pianura sottostante la città dove si svolse l’assedio greco

I suoi scavi, tuttavia, frettolosi e invasivi, danneggiarono gravemente e per sempre molti strati archeologici della città e ne distrussero notevoli strutture, alla ricerca spasmodica di tesori. Non solo: nel 1873 trovò il tesoro detto “di Priamo”, un deposito di gioielli preziosi e vasellame d’oro e d’argento (in realtà pertinenti a Troia II), che portò via dalla Turchia senza permesso e per questo gli fu revocata la concessione di scavo. Schliemann in seguito restituì parte del tesoro al governo ottomano (oggi al Museo di Istanbul), chiedendo di poter riprendere gli scavi; la parte degli oggetti che trattenne per sé fu poi acquistata dai Musei Imperiali di Berlino ed esposti nel Pergamon Museum. Da qui, nel 1945, i reperti furono però presi dall’Armata Rossa e venduti o dispersi; oggi solo una parte è nel Museo Pushkin a Mosca e alcuni altri all’Ermitage di San Pietroburgo.

La moglie di Schliemann indossa i gioielli del “Tesoro di Priamo” (foto del 1874) – Il grande diadema del “Tesoro di Priamo” esposto al Museo Pushkin di Mosca
Collana d’oro del “Tesoro di Priamo” esposta al Museo di Berlino – Tazza d’oro del “Tesoro di Priamo” esposto al Museo Pushkin di Mosca

In ogni caso le ricerche di quel periodo nel sito di Troia aprirono un nuovo capitolo della archeologia protostorica del Mediterraneo: nel tempo gli scavi poi sono proseguiti ed hanno offerto dati importantissimi ed inaspettati sulla vita della città.
Gli insediamenti di Troia I-II-III, datati fra il 2920 ed il 2200 a.C. sono stati definiti nell’insieme come “Cultura Marittima di Troia”, per le sue ampie relazioni con tutto il Mediterraneo, l’Europa sud-est, l’Anatolia e l’Asia centrale.
Ma è Troia VI (1740-1300 a.C.), circondata da mura alte fino a 10 metri, che mostra lo sviluppo maggiore. Inizialmente si ipotizzò che fosse questa la Ilio narrata da Omero, ma la sua distruzione fu causata un terremoto. Invece è nel livello di Troia VII (tra il 1300/1250 a.C. ed il 950 a.C.) che sono emersi chiari indizi di una minaccia e della volontà di chiudersi al sicuro all’interno della cittadella: furono murate alcune porte della cinta difensiva, costruiti magazzini per la conservazione delle derrate e l’insediamento divenne più “affollato”. Gli scavi archeologici hanno dimostrato che il sito venne effettivamente distrutto da un evento bellico intorno al 1180 a.C.: secondo molti, proprio la guerra narrata nell’Iliade.

Sandra Gatti

Gli scavi di Troia. Particolare
Uno scoiattolino sulle mura di Troia VIII
La rampa di accesso a Troia II
Le mura di Troia II
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