Troia approfondimenti

troia approfondimenti

Troia – Approfondimenti

Fondazione

La nascita di Troia affonda le proprie radici nella mitologia e nel “divino”. Secondo la tradizione, Dardano – figlio del re degli dei Zeus – giunse sulle coste dell’Asia Minore e sposò la figlia di Teucro, il re locale. Con il suo benestare, Dardano fondò una prima città, recante il suo nome: Dardania. Quando morì, il regno passò prima al nipote Troo e, in seguito, al figlio di questi, Ilo. Stando alla leggenda, fu proprio Ilo a fondare una seconda città eponima, chiamata Troia o Ilio, nel punto in cui Zeus aveva fatto cadere dal cielo una statua di legno raffigurante Atena “Pallade”. Finché quella statua – nota con il nome di “Palladio” – fosse rimasta all’interno della città, Troia sarebbe stata invincibile. Il legame dei Troiani con i loro illustri predecessori fu talmente forte che, nelle fonti letterarie, spesso vengono chiamati “Teucri”, “Dardani” o “Dardanidi”, in ricordo dei primi grandi re della regione.

Cavallo di troia

Il famoso “cavallo di Troia” fu l’espediente che, secondo la tradizione, permise agli Achei di conquistare la città. Trascorsi ormai dieci anni dall’inizio dell’assedio, questi si resero conto che Troia, difesa dalle sue imponenti mura, non sarebbe mai cadute con la forza. Ulisse, re di Itaca, famoso per la sua astuzia, escogitò il tranello perfetto. Gli Achei simularono il loro ritorno in patria, salpando con le navi e lasciando sulla spiaggia un gigantesco cavallo di legno, nel cui ventre erano nascosti i più valorosi eroi greci. I Troiani, ignari, portarono il cavallo in città per offrirlo alla dea Atena “Pallade”, loro protettrice. Nel cuore della notte, gli Achei uscirono dal cavallo di legno, incendiarono la città e ne uccisero gran parte degli abitanti.
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Il cavallo di Troia raffigurato su un vaso a figure nere (560 a.C.) trovato in Italia, a Cerveteri
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Pithos con il cavallo di legno e soldati achei
(Mykonos-Grecia), Museo Archeologico, 670 a.C.)

Troia I

Il primo insediamento si data tra il 2920 a.C. ed il 2350 a.C. circa. Si tratta di un piccolo centro fortificato di cui, nonostante la notevole antichità, si conserva particolarmente bene il tratto meridionale della cinta muraria e la sua porta di accesso – la “Porta Sud” – fiancheggiata da due bastioni rettangolari.
All’interno è stata individuata una fila di abitazioni di forma rettangolare allungata, tra le quali spicca la “Casa 102”, ritenuta una sorta di megaron: la sala di rappresentanza e luogo di culto appartenente ad una personalità di rilievo nel panorama cittadino. Il centro fu distrutto da un evento catastrofico.

Le mura difensive di Troia I

troia II

Il secondo periodo di vita di Troia è datato tra il 2550 a.C. ed il 2250 a.C. circa. In questa fase il centro si ingrandì, raggiungendo una superficie di 9000 m², e fu protetto da un nuovo circuito murario, lungo 330m e alto 6m. Dentro l’insediamento sono state trovate diverse strutture del tipo “a megaron”, di forma rettangolare allungata e con una sorta di porticato di ingresso. In una di esse, il “Megaron IIA”, dotato di un focolare centrale e di dimensioni eccezionali, si tenevano assemblee, incontri e riti religiosi. All’esterno della cinta muraria, inoltre, si sviluppava una “città bassa” estesa ben 90.000 m², difesa da una palizzata in legno. La vita di Troia II terminò a causa di un devastante incendio, ma la ricchezza di questa città non fu cancellata dal fuoco: proprio tra questi strati, infatti, Schliemann trovò più di venti “tesori”, tra cui il cosiddetto “Tesoro di Priamo”.
La rampa monumentale che conduce ad una delle porte di Troia II
Ricostruzione della rampa
(da Aslan 2019)

troia III-V

Il terzo, il quarto ed il quinto periodo di sviluppo del sito sono datati tra il 2250 a.C. ed il 1740/1730 a.C. circa. Sebbene l’insediamento si sia progressivamente ingrandito, fino a raggiungere i 18.000 m², gli scavi archeologici hanno mostrato che in questa fase le case erano attaccate tra loro e divise soltanto da strade piuttosto strette. A partire da Troia IV, inoltre, appare per la prima volta l’uso del forno, in sostituzione del focolare, a dimostrazione di un cambiamento nel modo di cucinare il cibo. Anche Troia V terminò a causa di un incendio.
Ricostruzione del sito nei periodi Troia I-IX
(da Aslan 2019)

troia VI

Tra il 1740/1730 a.C. ed il 1300/1250 a.C. Troia divenne uno dei più importanti centri politici e commerciali dell’Asia Minore. Le mura, in pietra e mattoni crudi, erano alte fino a 10m, ed erano fortificate da torri. Della città, impostata su terrazzamenti concentrici, sono stati individuati diversi edifici e megara. Di grande interesse è una struttura (“VI M”), con una pianta ad “L” e forse sviluppata su due piani, generalmente ritenuta parte integrante del palazzo reale. È nota anche l’esistenza di una vasta “città bassa”, sviluppata fuori le mura e difesa da un altro circuito murario ed un fossato. Sebbene si sia inizialmente ipotizzato che fosse questa la Ilio narrata da Omero, la sua distruzione a causa di un terremoto e non da un’invasione ha spostato l’attenzione degli studiosi sulla fase immediatamente successiva: Troia VII.
La casa VI M
Ricostruzione della casa VI M
(da Aslan 2019)

troia VII

Dopo il terremoto che distrusse Troia VI, gli abitanti tra il 1300/1250 a.C. ed il 950 a.C. ricostruirono la città, con alcune modifiche significative: furono murate alcune porte della cinta difensiva, costruiti magazzini per la conservazione delle derrate e l’insediamento divenne più “affollato”. Tutti questi indizi hanno fatto pensare all’esistenza di una minaccia e al tentativo di chiudersi al sicuro all’interno della cittadella. A dimostrazione di ciò, gli scavi archeologici hanno rilevato che il sito venne effettivamente distrutto da un evento bellico intorno al 1180 a.C.: questo evento, secondo molti, sarebbe stato proprio la guerra narrata nell’Iliade. Il centro, però, venne nuovamente ricostruito da persone provenienti da aree limitrofe. La sequenza di distruzioni e ricostruzioni, tuttavia, non si interruppe e vide nel tempo l’arrivo di nuovi abitanti, provenienti anche da aree lontane – come, per esempio, i Balcani – fino al 950 a.C., quando la città fu abbandonata.

troia VIII

La collina di Hissarlik fu nuovamente frequentata a partire dal 700 a.C. Il sito divenne una colonia greca, nota con il nome di Ilion, e nella parte più alta della città fu impiantato un santuario dedicato ad Atena. L’area sacra, secondo le fonti letterarie, sarebbe stata frequentata da due dei più famosi personaggi del V-IV secolo a.C.: il re persiano Serse ed Alessandro Magno. Sono ancora visibili le strutture appartenenti al recinto sacro (temenos) che ospitava il tempio dorico ed il grande altare rettangolare.
A Sud e ad Est del sito, inoltre, si sviluppò una “città bassa”, organizzata secondo un impianto regolare e circondata da una cinta muraria lunga circa 3 km. Nell’85 a.C., tuttavia, la “Sacra Città di Ilio” venne nuovamente distrutta dal generale romano Fimbria durante la guerra contro il re del Ponto.

Il Santuario di Atena
Pianta delle tracce della “città bassa”
(Troia II-IX) (da Aslan 2019)

troia IX

Un nuovo periodo di splendore si aprì durante l’età imperiale di Roma. Dopo aver visitato una prima volta il sito nel 48 a.C., l’imperatore Augusto, desideroso di tessere un filo rosso che unisse in una storia comune i Romani ed i Troiani, e volendo riconoscere nella stirpe del troiano Enea l’origine della sua famiglia, intraprese un’attività di riqualificazione del centro, ribattezzato “Ilium Novum”. Augusto operò il restauro di molte strutture risalenti alla fase greca, tra cui il teatro, il bouleuterion – la sede delle riunioni del consiglio cittadino – e lo stesso santuario di Atena. Vennero realizzati anche nuovi complessi: un odeion (una struttura molto simile al teatro, costruita forse per la visita di Augusto del 20 a.C.), un ginnasio ed un complesso termale che conserva ancora parte dei suoi mosaici pavimentali. L’attenzione per “Ilium Novum” caratterizzò anche i secoli successivi, come dimostrato dagli interventi degli imperatori Adriano e Caracalla. Costantino, inoltre, nel IV secolo d.C., pensò persino di spostare qui la capitale dell’impero romano d’Oriente, ma il ruolo fu poi assegnato ad Costantinopoli. “Ilium Novum” prosperò fino al 500 d.C. circa, per poi essere distrutta da una violenta attività sismica.
L’Odeion

troia X

L’ultimo periodo di vita del sito di Hissarlik fu una piccola parentesi tra secoli di oblio. Dopo il terremoto del 500 d.C., il centro restò abbandonato fino al XII secolo d.C. Le tracce del nuovo abitato si limitano ad alcune sepolture, rinvenute principalmente tra l’ormai dismesso santuario di Atena ed il resto della “città alta”. Questo insediamento, estremamente ridotto, terminò nel XIII secolo d.C. e la città venne completamente dimenticata.

tesoro di priamo

Il cosiddetto “Tesoro di Priamo” è un numeroso gruppo di oggetti in metallo e terracotta rinvenuto da Heinrich Schliemann il 14 luglio del 1873. Poiché comprende numerosi elementi in metalli preziosi (oro, argento, rame ed elettro) e di finissima fattura – come, per esempio, il cosiddetto “Grande Diadema” lo studioso ritenne che questi manufatti fossero appartenuti al re troiano Priamo. In realtà i reperti, scoperti nei livelli di Troia II, sono databili al III millennio a.C. e quindi il “tesoro” sarebbe, in realtà, precedente alla guerra omerica. Altri ricercatori, invece, nutrono dubbi sull’autenticità della raccolta, sospettando che il tesoro sia stato creato da Schliemann unendo reperti provenienti da scavi diversi. Lo scopritore si impossessò indebitamente degli oggetti e li portò con sé in Germania: da quel momento in poi la raccolta venne smembrata ed è attualmente conservata in numerosi musei del mondo. Una porzione si trova nei Musei Archeologici di Istanbul, dopo che lo studioso restituì alcuni oggetti all’Impero Ottomano. La parte rimasta in Germania fu inizialmente esposta al Pergamon Museum ma, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu presa dai Russi ed è attualmente conservata tra il Museo Puskin di Mosca e l’Ermitage di San Pietroburgo.
Il cosiddetto “Tesoro di Priamo” in una foto scattata prima del 1880.
La moglie di Schliemann, Sophia Engastromenou, indossa il “Grande Diadema” ed altri elementi del “Tesoro di Priamo”.