Cartagine approfondimenti

cartagine approfondimenti

Cartagine – Approfondimenti

Elyssa-Didone

Il mito racconta che la principessa Elyssa-Didone fuggì dalla città fenicia di Tiro dopo che il fratello Pigmalione aveva ucciso suo marito Acherbas per impossessarsi di tutte le sue ricchezze. Didone, dopo varie peregrinazioni fra cui una tappa a Cipro, approdò con un nutrito gruppo di compagni sulle coste tunisine presso una collina che dominava una vasta baia, luogo adatto alla fondazione di una città. Vennero accolti dagli abitanti del luogo guidati dal loro re Iarbas, che rifiutarono di accoglierli nella loro terra. Allora Elissa convinse Iarbas a concederle almeno un pezzo di terra che poteva essere coperto da una pelle di un bue. Elissa fece tagliare la pelle in strisce sottilissime e arrivò a delimitare un ampio settore di terreno che poteva essere sufficiente per una città. Da questa leggenda è nato anche il cosiddetto “problema di Didone”, il problema geometrico riguardante l’isoperimetria: quale figura geometrica a parità di perimetro ha area maggiore? Al di là della leggenda la fondazione di Cartagine si inserisce in un complesso fenomeno di movimenti di genti che dalle sponde levantine si spostarono nel IX e VIII sec. a.C. nel Mediterraneo sia per scopi commerciali, sia per la ricerca di risorse, sia per strategie di distribuzione demografica e di popolamento (fenomeno impropriamente definito “colonizzazione fenicia”).

etruschi

In una tomba della necropoli di Sainte Monique di Cartagine è stata rinvenuta una preziosa “tessera ospitale” che documenta in modo diretto relazioni personali di scambio e ospitalità fra Etruschi e Cartaginesi negli ultimi decenni del VI sec. a.C., proprio nel periodo della alleanza fra i due popoli contro i Focei. Si tratta di un oggetto di avorio, su un lato intagliato a bassorilievo a forma di cinghiale accosciato, mentre sull’altro lato, liscio, è incisa una iscrizione etrusca con una formula onomastica di un individuo punico di Cartagine: mi Puniel Karthazies. L’oggetto era dunque una sorta di documento con il quale il proprietario si poteva far riconoscere in un contesto straniero, in particolare etrusco.
Tessera hospitalis da Cartagine con iscrizione etrusca, 550-525 a.C.
(Cartagine, Museo Archeologico) (da Rasenna 1986)

i porti

I porti più antichi della città non sono ancora stati individuati, mentre gli scavi anglo-americani eseguiti nell’ambito del progetto UNESCO hanno permesso di riconoscere le installazioni della tarda epoca punica (III-II sec. a.C.) nelle due lagune costiere, comunicanti attraverso un canale, ben riconoscibili nel paesaggio urbano. Si tratta di un bacino rettangolare scavato artificialmente, il porto mercantile, e di un porto circolare, militare, con un isolotto al centro attrezzato con cantieri per l’alaggio delle navi da guerra e intorno banchine e rampe disposte a ventaglio, che poteva accogliere circa 180 navi.
Ricostruzione del porto di Cartagine
(laricerca.loescher.it)

Il tofet

Il tofet è un luogo di culto fenicio all’aperto, dedicato al dio Baal Hammon, sede di speciali cerimonie, che spesso comprende piccoli sacelli, altari e stele. Il tofet di Cartagine, dal V sec. in poi, è dedicato anche alla dea Tinnit, dea protettrice della città, che dopo la romanizzazione viene identificata con la dea (Iuno) Caelestis. Lo spazio è caratterizzato da urne in ceramica, che contengono resti combusti di esseri umani, di solito neonati o bambini, o di animali giovanissimi, o di umani e animali mescolati. È incerto se queste sepolture rappresentino immolazioni volute, oppure se si tratti di esseri giovanissimi, morti per cause naturali e poi offerti agli dei: anche se la documentazione archeologica non offre elementi decisivi, in realtà la tradizione greca e latina attribuisce a fenici e cartaginesi la pratica del sacrificio umano e l’interpretazione del tofet come santuario sacrificale è ritenuta preferibile dagli studiosi più autorevoli.
Il tofet di Cartagine
(da Carthago 2020)
Statuetta in terracotta da Hadrumetum (attuale Sousse).
Tunisi, Museo del Bardo (da Carthago 2020)

la necropoli

Le sepolture più antiche sono a cremazione, deposte in una sorta di piccole cavità cilindriche scavate nel terreno (“pozzi”). Nel VII e VI sec. la maggior parte delle tombe sono invece ad inumazione entro casse di legno, con fosse individuali; alcune, più elaborate, sono a forma di bacino, a volte rivestite con lastre monolitiche, oppure, quelle più raffinate probabilmente appartenute ai più ricchi, a camera costruita da blocchi e accessibile da un profondo pozzo. Il corredo funerario è composto di vasellame, cui talvolta si aggiungono maschere, statuette e gioielli. Dal V sec. a.C. compaiono anche camere multiple (in particolare nella necropoli dei Rab a Sainte Monique), dove sono deposti sarcofagi in marmo con la figura del defunto scolpita sul coperchio. Dalla fine del IV sec. a.C. prevale invece il rituale dell’incinerazione, uso forse derivato dal mondo greco.
Sarcofago detto “della sacerdotessa alata” dalla necropoli di Santa Monica
(Cartagine Museo Nazionale) (da Carthago 2020)
Ossuario in pietra con figura maschile dalla necropoli di Santa Monica
(Cartagine Museo Nazionale)

piazzale delle corporazioni

Il Piazzale delle Corporazioni di Ostia, situato alle spalle del teatro, era un’ampia area rettangolare porticata circondata da ambienti che ospitavano gli uffici di rappresentanza di diverse città che avevano rapporti commerciali con Ostia. Fu un luogo d’incontro dove alcune comunità del Nord-Africa e della Tunisia avevano depositi e magazzini delle compagnie di navigazione e di commercio delle principali città del Mediterraneo e delle provincie d’Africa: tra questi i naviculari africani e le comunità di Alessandria, Sabratha, Cartagine. Grazie alla sua strategica posizione geografica, nell’antichità Ostia era luogo di esportazione e importazione di merci, dove le navi giungevano da varie province dell’Africa.